Un po di storia e dati
tecnici...
La
Giulio Cesare fu costruita dall'Ansaldo presso il
cantiere
navale di Sestri Ponente (GE), dove il suo scafo venne impostato il 24
giugno 1910. La nave varata il 15 ottobre 1911 fu poi completata il 14
maggio 1914, con un dislocamento a pieno carico di
oltre 25.000 Tonns. La
bandiera di combattimento fu consegnata il 7 giugno 1914 con cerimonia
a Napoli, in presenza del Duca d'Aosta.
L'unità, nel corso della sua storia, ebbe vari motti. Il
primo fu "Ad
quamvis vim perferendam",
tratto da una frase del libro del "de bello Gallico",
in cui G. Cesare, commentando l'avanzata terrestre delle sue legioni
contro i Galli, avendo inviato parte delle sue forze via mare con una
flotta al comando di Decimo Bruto, descriveva le navi di questa flotta,
come naves
totae factae ex robore ad quamvis vim et contumeliam perferendam
cioè navi
costruite interamente in rovere per sostenere qualsiasi urto.
Tale motto in seguito nel 1920 fu sostituito da "Caesar
adest"
(Cesare
è qui).
Lo scafo
La protezione era distribuita su di una cintura
continua,
lungo la murata della nave. La cintura, larga 2,8 m, di cui il
57%
sopra
linea di galleggiamento, aveva uno spessore massimo di 250 mm
e si
assottigliava fino a 100 mm a prua e 120 mm a poppa. La
cittadella era protetta da una corazza di 220 mm di spessore.
Il
ponte e la torre di comando di prua aveva una protezione di
280 mm
mentre quella di poppa era solo di 160 mm. I pezzi da
120/50 mm avevano una protezione da 130 mm.
Le 5.150 t (circa 1/4 del dislocamento) di acciaio al nichel, che
formava la protezione della nave, era fornito da ditte statunitensi ed
inglesi e sottoposto a cementazione, secondo il processo Krupp, presso
le acciaierie di Terni.
Le
navi furono dotate di un sistema di reti metalliche parasiluro che
venivano tese da un sistema di bracci buttafuori intorno alla nave. Il
sistema poteva essere impiegato praticamente solo con le navi
all'ancora. In navigazione, le reti venivano arrotolate e fissate, con
i loro bracci, sui fianchi della nave. Tale sistema fu eliminato da
tutte le navi della Regia Marina nel corso del 1916.
L'apparato
motore, permetteva di raggiungere la velocità
massima di 21
nodi, era costituito da tre gruppi indipendenti di turbine/caldaie tipo
Babcock, di cui dodici con combustione a nafta e dodici con combustione
mista carbone e nafta. La potenza complessiva
sviluppata era di 31.000
CV con turbine in marcia avanti, mentre le quattro turbine di marcia
indietro, sviluppavano 14.000 CV.
Il tutto era scaricato su quattro assi.
La
riserva di combustibile era di 570 tonnellate di carbone e 350
tonnellate di nafta. L'autonomia era stimata in 4.800 miglia
nautiche ad una
velocità di 10 nodi.
L'armamento
principale si componeva di tredici cannoni da 305/46mm ripartiti in
cinque torri, tre trinate e due binate, con una torre trinata al centro.
L'armamento
secondario era costituito da 18 cannoni da 120/50mm, e 22 cannoni da
76/50mm, mentre l'armamento silurante era costituito da tre tubi lanciasiluri
da 450mm, ognuno dei quali dotato di tre siluri. I cannoni da 120/50mm,
come quelli della corazzata Dante Alighieri, erano Elswick
Pattern,
mentre i cannoni da 120/50mm delle unità gemelle Cavour
e Leonardo
da Vinci
erano Vickers.
La Ricostruzione
I
lavori di ricostruzione furono affidati ai Cantieri del Tirreno
ed effettuati negli stabilimenti di Genova. La
ricostruzione ebbe inizio il 25 ottobre 1933 e terminarono con il
rientro in servizio il 1° ottobre 1937.
Questi lavori lasciarono inalterato solo il 40% della struttura
originale, riutilizzando in pratica solamente lo scafo e la corazzatura
di murata, per il resto si trattò di una trasformazione
radicale, con potenziamento dell'armamento, aumento del dislocamento e
della potenza dell'apparato motore. Le modifiche cambiarono il profilo
della nave e ne aumentarono sensibilmente le capacità di
combattimento.
La
lunghezza dello scafo venne aumentata di 10,3m per aumentare il
coefficiente di finezza dello scafo e contribuire ad aumentare la
velocità della nave, mediante la sovrapposizione di una
nuova prora
alla vecchia. I due fumaioli risultarono più bassi
e più ravvicinati, venne eliminato uno dei due
alberi, quello che si trovava immediatamente dietro al torrione,
mantenendo solamente quello poppiero che, in conseguenza dell'aumento
di lunghezza della nave, risultò più arretrato.
A poppa le modifiche furono le
seguenti: abolizione di due assi portaeliche, la protezione
(verticale e orizzontale) subì dei minimi ritocchi. La
cintura verticale, al galleggiamento, mantenne lo spessore, comunque
assolutamente insufficiente per una nave che avrebbe probabilmente
dovuto sostenere combattimenti con navi armate con cannoni da
381 mm, mentre per rendere l'unità meno vulnerabile
alle bombe di aereo, in particolar modo a centro nave ed in
corrispondenza dell'apparato motore, vennero applicate sul ponte, due
strati da 12 mm di lamiere in acciaio. La protezione
orizzontale era costituita da un ponte di corridoio
da 80 mm, uno di coperta da 13 mm e uno di
sovrastruttura da 18+24 mm, con spessori inferiori a prora e a
poppa. Allo scopo di aumentare la protezione, intorno ai basamenti
cilindrici delle torri di grosso calibro, vanne applicata una
corazzetta di 50mm di spessore, sistemata ad una distanza di 50cm
dalla protezione vera e propria, per cui le torri si presentavano
poggiate su basamenti più massicci e conferendo dal punto di
vista estetico all'unità una sensazione di maggior potenza e
sicurezza.
Il
torrione fu completamente ricostruito con forma tronco-conica e non
molto elevato, aveva sulla sua sommità una torretta rotante
con due
stereotelemetri aventi una base di 7,2 m per il calcolo della
distanza dei bersagli e le apparecchiature per la direzione tiro dei
calibri principali. Il torrione ospitava la direzione di tiro occupata
dal Primo Direttore di Tiro che tramite l'A.P.G. (Apparecchio di Punteria Generale)
assegnava il bersaglio e comandava il fuoco delle batterie principali.
La direzione di tiro era direttamente connessa con la Centrale di Tiro,
posta alla base del torrione. Nel caso di avaria della stazione di tiro
sul torrione il fuoco dei cannoni principali poteva essere diretto
dalla torre di prua superiore o da quella di poppa, subito dietro il
fumaiolo, che ospitavano un telemetro da 9 m di base e la
punteria della torre poteva sostituire l'A.P.G. asservendo le altre
torri.
Molto
interessante era la protezione subacquea, denominata cilindri
assorbitori modello "Pugliese".
Tale protezione consisteva in due lunghi cilindri deformabili, che
posti lungo la murata, all'interno di una paratia piena, avevano il
compito di assorbire la forza dell'onda d'urto provocata
dall'esplosione di un siluro o di una mina, disperdendola all'interno
del cilindro. L'efficacia di tale protezione rimane controversa e non
è stata né confermata né smentita
dalle vicende belliche. Le Cavour
ricostruite furono le prime unità ad adottare questo sistema
di protezione, che sarebbe stato adottato in seguito anche nella
ricostruzione delle Duilio
e nella costruzione delle Littorio.
Alla fine della ricostruzione, le modifiche portarono il dislocamento
dell'unità a 29000 tonnellate.
Apparato motore
Le
modifiche alla propulsione videro l'installazione di nuovi motori dalla
potenza di 75 000
CV che nelle prove a tutta forza di fatto raggiunsero una potenza
effettiva di 93 000
CV che consentivano all'unità di raggiungere una
velocità massima di 28 nodi. Questa propulsione era
assicurata
da otto caldaie
a tubi d'acqua con surriscaldatori del tipo Yarrow e bruciatori a nafta
che alimentavano due gruppi indipendenti di turbine Belluzzo, la
potenza era scaricata su due assi con eliche tripala. Con il
massimo di carburante a bordo l'autonomia era di circa 3.100 miglia ad
una velocità di 20 nodi.
Armamento
Al
termine dei lavori di ricostruzione/ammodernamento,
l'armamento venne radicalmente modificato.
L'armamento
principale vide l'eliminazione della torre a centronave e la
ri-tubazione delle altre torri da 305mm/46 portandole a 320mm/44,
per un totale di 10 cannoni in due torri trinate e due torri binate
nelle classiche posizioni prodiera e poppiera, con le torri binate
sopraelevate rispetto a quelle trinate.
Anche
l'armamento secondario fu totalmente modificato sbarcando tutti i
vecchi cannoni e riconfigurato con 12 cannoni OTO da 120/50mm in 6
torrette binate e disposte tre per lato. L'armamento antiaereo
principale era costituito da 8 cannoni da 100/47mm in torrette singole,
4 per ogni lato della nave. Completavano l'armamento antiaereo 16
cannoni da 37/54mm Mod. 1932 in otto torrette binate e dodici
mitragliere da 20/65mm Mod. 1935 in sei impianti binati. I
tubi
lanciasiluri furono rimossi.
Armistizio e la ribellione a
bordo della G. Cesare
In
occasione dell’armistizio, a bordo della G. Cesare si
verificò il più grande episodio di dissenso e
ribellione
all’improvvisa resa e all’ordine di portare la navi
a Malta
a consegnarsi agli inglesi.
Il trattato di
pace
Al termine della guerra, in ottemperanza alle clausole
del trattato di
pace, la corazzata venne ceduta all'Unione Sovietica, come risarcimento
per danni di guerra. Nel gennaio del 1949, presso la base
navale
di Augusta, avvennero le iniziali fasi di consegna della nave al
comandante della
corazzata, il Capitano di 1º rango Jurij Zinov'ev. La nave
salpò da Augusta il 2 febbraio, navigando alla
velocità
di 16 nodi per giungere il 3 febbraio Valona, dove con la sigla Z11,
avvenne il trasferimento temporaneo alla commissione sovietica, guidata
dal contrammiraglio Levčenko. Il 6 febbraio, con la firma del verbale
definitivo
di cessione, venne formalizzato il trasferimento della corazzata alla
Russia, la
bandiera della Marina Sovietica venne per la prima volta innalzata a
bordo della G. Cesare. La nave successivamente intraprese la
navigazione verso la sua nuova base di Sevastopol. Il 15 febbraio
insieme ai due sommergibili, Marea (Z 13) e Nichelio (Z 14), raggiunse
la
sua destinazione. Il 5 marzo 1949 venne ribattezzata Novorossijsk
(in
russo: Новороссийск) ed inquadrata nella Flotta del Mar Nero.
|
Il Kit della E.V.A. in scale
Kit
Non
è trascorso molto tempo dal mio ultimo review
sull'Incrociatore
Trento, prodotto dalla stessa E.V.A., e proprio in quella
occasione speravo che questo nuovo marchio modellistico proseguisse nel
suo lavoro e di vedere successivamente altri modelli in resina e,
soprattutto, in questa scala. Già si sapeva dell'uscita di
questo
modello veramente inedito, a
parte qualche 1/700 in commercio. Con la Giulio Cesare si va a colmare
un vuoto modellistico veramente importante. Non dimentichiamo
che
le nostre
navi da Battaglia Classe Conte di Cavour sono state proprio quelle
a "vedere" entrambi i conflitti mondiali.
Con impazienza apro la classica confezione e tutto
sommato rimango
piacevolmente colpito dal kit, ero a conoscenza di qualche critica,
dovuto ad un piccolo errore sulla lunghezza di scafo, che subito sono
andato a verificare. Personalmente lo ritengo quasi
irrilevante, 3
millimetri di errore, dovuto all'allungamento dello scafo di poco
più di 10 mt. nel corso dei lavori di ricostruzione, ma vi
garantisco che nei kit in plastica ho visto di molto... molto peggio!
Qui siamo di fronte ad un errore di poca
entità, ma compensato da
un bel modello della Cesare in 1/350 ! Ottima la realizzazione
dello scafo, ponte di coperta e sovrastrutture che accompagnate da
schematiche istruzioni consente un pratico assemblaggio. Bene
l'armamento principale e secondario con i pezzi da 120 e 100 mm
completati dalle realistiche canne in metallo della MASTER.
Come per il Trento, questo modello non è
stato previsto il waterline, lo scafo
è un unico blocco. Il kit ovviamente
è
fornito di una lastra di fotoincisioni che riproduce come sempre i
dettagli
più importanti.
Lo
stato della resina: Nella parte inferiore (scafo) troviamo
qualche
piccolo avvallamento nella resina, ma
personalmente non l'ho mai ritenuto un problema, si elimina facilmente
con
stucco per resine, carta vetro e olio di gomito. Mentre l'aspetto
più importante è che il blocco dello scafo sia
sempre dritto, come appunto anche in questo caso! I dettagli
di ponte e
sovrastrutture sono ben
definiti, sono solo da pulire e rifinire dai residui di resina, ma se
proprio si vuole, sicuramente
anche migliorabili con set generici di fotoincisioni. Anche nella
confezione della G. Cesare, troviamo delle
parti in plasticard.
Per la realizzazione del grande tripode consiglio,
come sempre, l'utilizzo dei più robusti tondini in
rame.
Ottime le istruzioni, decisamnte facili da seguire. Per la Painting
Guide, anche in questo caso, sono stati indicati i colori da
utilizzare con specifico riferimento agli acrilici LifeColor. Ma non
è stato mensionato alcun camouflage del 1942 e 1943.
Ma ora vi lascio alle mie foto divise in
più pagine web, che come sempre possono dire molto di
più delle mie parole scritte qui... seguite le frecce
buona visione
Luciano R. |