Una
Task Force della
Marina degli Stati Uniti durante la campagna
del Pacifico nel
corso della seconda guerra mondiale.
La TF17 partecipò a molte importanti
battaglie nel
primo anno di guerra.
La TF17 è stata inizialmente incentrata sulla
poraterei USS Yorktown
(CV 5)
impegnando
le forze navali della Marina Imperiale giapponese
in azioni
presso le Marshall-Gilberts,
Invasione di Lae-Salamaua,
Battaglia del Mar dei Coralli
e la battaglia di Midway. Proprio in quest'ultima nota battaglia navale la
USS Yorktown fu
affondata.
La TF17 subito dopo fu ricomposta intorno alla "gemella" USS Hornet (CV
8) e al comando
dell'Ammiraglio
George Murray.
La TF17 sostenne le
forze alleate
durante la Campagna di Guadalcanal.
Ma
la battaglia delle Isole di
Santa Cruz
fu decisiva per la USS Hornet
che fu affondata.
Dopo questa battaglia
la task
force 17
ha cessato di
esistere e le
rimanenti navi (incrociatori e cacciatorpediniere
di scorta) sono stati poi assegnati
ad altri Gruppi navali.
Tratto da "LA GUERRA DEL PACIFICO" DI B. MILLOT
Era indispensabile, per l'ammiraglio Kinkaid, ristabilire il contatto
con le forze navali nemiche. I Catalina lo avevano infatti perduto
qualche ora prima a causa dell'oscurità e del tempo
nuvoloso.
Subito prima dell'alba, verso le 05.00,
l'Enterprise inviò
16 Dauntless da ricognizione allo scopo di esplorare tutto il settore
ovest.
Due dei Dauntless scorsero, poco dopo, un Kate giapponese che eseguiva
lo stesso genere di missione. Alle 06.17
due piloti individuarono i primi elementi delle forze dell'Ammiraglio
Abe e li segnalarono alle 06.30. I due Dauntless rientrarono e
incontrarono di nuovo il Kate giapponese da ricognizione, anch'esso
sulla via del ritorno.
Nel frattempo, gli altri equipaggi dei Dauntless rastrellavano
metodicamente l'oceano e, alle 06.50, altri due aviatori avvistarono le
portaerei di Nagumo a meno di 200 miglia dalle forze navali americane.
Mentre le navi giapponesi si nascondevano in una cortina di nebbia
artificiale, un gruppo di 8 caccia Zero intercettò i
Dauntless e
li attaccò. Le mitragliatrici americane riuscirono ad
abbattere
tre degli assalitori e i Dauntless si rifugiarono in una provvidenziale
nube.
Il messaggio di contatto da essi inviato aveva messo in allarme altri
due Dauntless, che si diressero sul punto segnalato. Entrambi non
ebbero esitazioni e alle 07.40 attaccarono la forza nemica ed ebbero la
fortuna di centrare con le loro bombe la portaerei
Zuiho.
Uno squarcio enorme, dal diametro di più di 15 metri, si
aprì sul ponte di volo, rendendola inutilizzabile.
Gli aerei americani riuscirono ad evitare la forte difesa contraerea e
la caccia nipponica e si riunirono in formazione per ritornare a bordo
del
l'Enterprise. Al ritorno, riuscirono ad abbattere
anche un Kate da ricognizione e appontarono tutti sani e salvi sulla
portaerei.
Nel frattempo, i giapponesi, come è facile immaginare,
avevano rintracciato anch'essi le forze americane. Un idrovolante da
ricognizione segnalò alle 06.30 circa la posizione della
TF-17, la USS
Hornet e la
sua scorta. Il comando giapponese non perse neanche un minuto, quando
alle
06.58, un altro aereo, un Kate, confermò l'individuazione
del
nemico e, la prima ondata d'assalto nipponica, cominciò
dalle
portaerei
Shokaku, Zuikaku e
Zuiho.
Alle 07.10, 65 aerei
giapponesi, in formazione, già si stavano dirigendo sulle
navi
americane. Nel frattempo le stesse portaerei nipponiche si preparavano
a far partire la seconda ondata. Questa volta la
Junyo sostitui
la
Zuiho, gravemente danneggiata nel frattempo.
L'Ammiraglio Kinkaid, nel frattempo, decise di far partire anche la
seconda ondata, senza aspettare il ritorno degli aerei da ricognizione,
e alle 08.15, un altro stormo di 16 apparecchi decollò dalla
Hornet.
La reciprocità delle intenzioni dei due avversari fece
sì
che le opposte ondate d'assalto si incrociassero durante il
volo.
Si accese un violento combattimento aereo, nel corso del quale la
formazione di attacco dell'
Enterprise perse 8 dei
suoi aerei mentre 3 Zero in fiamme finivano in mare.
Questo combattimento aereo preavvertì, com'è
naturale, il
Comando delle portaerei americane dell'imminenza dell'attacco. Ogni
minuto si fece gravido d'inquietudine: i due ammiragli nemici
ricordavano i protagonisti di un duello alla pistola, nel momento in
cui si fronteggiano e fanno fuoco. In ogni frazione di secondo che
precede l'effetto dei colpi si alternano attimi di angoscia e di
speranza.
Ognuno dei due ammiragli nutriva una serena fiducia nel valore dei
propri uomini e dei gruppi aerei e, sembrava, che nessuna pecca
esistesse
nell'organizzazione di entrambe le difese!
Alle 08.40 i radar delle navi americane captarono l'arrivo degli stormi
aerei giapponesi. L'identificazione di questi
"bogeys" fu
incerta per un momento e ciò era dovuto al fatto che nelle
vicinanze si trovavano pattuglie di caccia americani, ma alle 08.57 gli
apparecchi nipponici vennero segnalati a sole 45 miglia dalle navi
della Task Force.
Le pattuglie dei Wildcat furono indirizzate sul punto del rilevamento
e, alle 08.59, venne stabilito il contatto visivo. Il primo
gruppo
nemico composta da Val, alla quota di 5000 metri, fu intercettato, ma i
Wildcat erano stati posizionati, in attesa, a una quota troppo bassa
(6600
metri), e soprattutto troppo vicini alle portaerei americane (10
miglia), cosa che
portò poi inevitabilmente i combattimenti aerei a svolgersi
proprio sopra le portaerei americane!
Tatticamente si trattava di un grandissimo svantaggio,
poiché,
nella confusione della mischia generale, la difesa aerea imbarcata
sulle navi poteva facilmente colpire i propri aerei, mentre piccoli
gruppi di assalitori potevano facilmente effettuare i loro attacchi
eludendo la contraerea.
I caccia americani fecero del loro meglio e diedero prova di eccellenti
qualità di destrezza e di coraggio, ma non riuscirono a
intercettare tutti i gruppi frazionati del nemico.
Le portaerei americane, fortunatamente erano pronte, con i ponti
sgombri da tutti gli
aerei e i circuiti delle tubazioni del carburante svuotato e riempito
di gas inerte (CO2): così esse erano garantite contro
eventuali
incendi.
Verso le 09.00 un piovasco avvolse l'Enterprise nascondendola
così alla vista degli aviatori nipponici, ma la Hornet
rimase
allo scoperto e attirò fatalmente su di se tutti gli aerei
giapponesi.
Alle 09.10 i bombardieri in picchiata Val attaccarono in forze e
sebbene la difesa contraerea ne avesse abbattuto ancora qualcuno, quasi
tutti gli altri riuscirono a portarsi in una buona posizione di
attacco.
Pochi secondi dopo, la Hornet fu colpita da una bomba a poppa sulla
dritta, mentre altre due cadevano in acqua nelle immediate vicinanze,
squarciando lo scafo in vari punti.
Qualche istante dopo, un altro Val, discese in picchiata ma non
riuscì a raddrizzarsi; urtò il fumaiolo,
sfasciandosi e
finendo la sua corsa sul ponte di volo.
Le sue due bombe esplosero aprendo un grande squarcio e provocando un
violento incendio alimentato dalla benzina dei serbatoi.
Questi disgraziati incidenti assorbirono l'attenzione delle vedette, le
quali non riuscirono ad avvertire in tempo dell'arrivo degli
aerosiluranti Kate che giungevano di poppa. La difesa contraerea
riportò il tiro su di essi, ma la
Hornet non
poté
manovrare abbastanza in fretta e ricevette, uno dopo l'altro, due
siluri, che esplosero al livello dei locali macchine. Questi ultimi
furono invasi quasi istantaneamente dal vapore e i macchinisti li
dovettero precipitosamente abbandonare. La
USS Hornet si
fermò iniziando a inclinarsi su di un fianco con un angolo
di circa 8° gradi di sbandamento.
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USS
Northampton and USS Hornet
26
Oct 1942 |
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Immobilizzata, la
Hornet divenne una facile preda.
per il
nemico, che la centrò con altre tre bombe sul ponte di volo.
Una
di queste, del tipo a scoppio ritardato, attraversò quattro
ponti
prima di esplodere in un magazzino viveri. Un'altra raggiunse,
nelle medesime condizioni, il ponte inferiore, devastando l'interno
della nave.
Alle 09.20 l'attacco aveva termine e il cielo rimaneva di
nuovo sgombro di aerei. La
USS Hornet si trovava
in grave avaria e le squadre di sicurezza si adoperavano con
accanimento per salvarla.
Sembrava che non tutto fosse perduto, sebbene gravi incendi
infuriassero su tutta la lunghezza della nave e grandi masse d'acqua
avessero riempito numerosi locali inferiori. Nel frattempo,
gli
stormi aerei americani si erano diretti sulle forze navali nemiche e,
alle 09.25, proprio il gruppo della
USS Hornet avvistò
la scorta delle portaerei, incrociatori e dei caccia torpediniere
nipponici.
Le unità americane li circondarono, dando
battaglia
agli Zero della difesa, si scatenò una mischia selvaggia tra
gli Zero ed i Wildcat, ma questo consentì ai
Dauntless di
avvicinarsi e di mandare a segno tre bombe sulla
Shokaku,
mettendola fuori combattimento.
Sfortunatamente, gli aerosiluranti della
Hornet, come
la seconda
ondata dei Dauntless non avvistarono la portaerei giapponese e
sprecarono i loro ordigni su obiettivi di secondaria importanza,
danneggiando soltanto l'incorciatore
Chikuma.
Gli stormi aerei
dell'Enterprise, già
decimati dalla
battaglia aerea alla quale avevano partecipato durante il volo, non
ebbero maggior fortuna e attaccarono, d'altronde senza successo, la
corazzata
Kirishima.
L'attacco americano fu un mezzo fiasco perché soltanto una
piccola parte degli effettivi statunitensi agirono contro le portaerei
giapponesi.
A bordo della
Hornet si lavorava sodo e questa
accanita
attività sembrò dare i suoi frutti verso le
10.00, quando
fu possibile ridurre i focolai d'incendio e prevedere di poter
rimettere in funzione qualcuna delle caldaie della propulsione.
L'incrociatore
USS Northampton ricevette l'ordine
di prendere a rimorchio la
Hornet, mentre
le pompe dei destroyers
Russell e
Morris,
attraccati alle due fiancate, fornivano acqua sotto pressione
per combattere gli incendi della portaerei.
La manovra di rimorchio stava per avere inizio, quando, alle 10.00, un
solitario bombardiere VaI sferrò un attacco. La sua
bomba
sfiorò senza danni un cacciatorpediniere, ma ottenne
soprattutto
il risultato di ritardare la delicata manovra che era stata intrapresa.
Questo Val era il primo della seconda ondata d'attacco nipponica, che
era decollata dalle portaerei giapponesi alle 08.22.
I 44 aerei scoprirono il gruppo dell
'Enterprise verso
le 10.00 circa, nel momento in cui quest'ultima stava fronteggiando
l'attacco del sommergibile nipponico
I-21, che
aveva lanciato un fascio di siluri, per fortuna evitati dalla portaerei.
Uno degli ordigni colpì però il caccia
torpediniere
USS Porter, che dovette essere
affondato a cannonate poco dopo. Fu il radar della corazzata
South
Dakota a rivelare per primo l'arrivo degli aerei giapponesi.
L'artiglierie di tutte le navi americane si scatenarono, facendo di
conseguenza strage nei ranghi degli assalitori. Questo muro di
fuoco non impedì però a una parte di essi di
raggiungere
la USS Enterprise: ciò nonostante, soltanto tre bombe la
colpirono. La prima esplose a prua, sul ponte di volo; la
seconda
penetrò fino al terzo ponte ed esplose provocando un
incendio. La terza cadde vicino allo scafo, a poppa,
deformando
uno degli assi porta-eliche.
Si fecero avanti, allora, gli aerosiluranti e, nonostante le numerose
perdite causate dalla caccia e dalla difesa contraerea americana, 14
aerei giunsero in posizione di lancio.
L'Enterprise compì frenetiche evoluzioni
e riuscì
a evitare tutti i siluri che convergevano su di essa, ma
tre centrarono lo scafo dell'incrociatore
USS
Portland e, solo per un caso miracoloso, gli ordigni non
esplosero!
Sull'Enterprise ci si affrettava a riparare i danni
al ponte di
volo, allo scopo di poter fare appontare gli aerei americani di ritorno
dalla missione. Alle 11.21 i velivoli giapponesi partiti dalla
portaerei
Junyo giunsero sul bersaglio. La difesa
contraerea si
scatenò ancora una volta, abbattendone 8 e provocando una
esitazione della formazione nemica.
Una sola bomba cadde presso lo scafo
dell'Enterprise, causando
lievi danni. Gli aerei nipponici, respinti dal fuoco
di
sbarramento della portaerei americana, concentrarono il loro attacco
sulla corazzata
South Dakota e l'incrociatore
San Juan.
Un bombardiere VaI, alle 11.27, centrò la torre di
prua della
South Dakota con
due bombe da 200 chilogrammi, ma causò
solo che una
scalfittura sulla spessa corazza di protezione orizzontale.
Ciononostante, le schegge di questa bomba ferirono mortalmente il
comandante della Corazzata il Capitano di Vascello Gatch. La
South
Dakota, per un breve periodo di tempo rimase senza comando e
controllo del timone e, si diresse
sull'Enterprise, ma
quest'ultima riuscì a togliersi dalla pericolosa rotta di
collisione assunta dalla corazzata. La
South Dakota riprese
poco dopo il suo posto nella formazione.
Nel frattempo, anche l'incrociatore
San Juan fu
colpito da una bomba che perforò i ponti fino alle
stive,
poi lo scafo sul lato opposto, per esplodere in mare. Ma il timone era
stato danneggiato e bloccato a dritta dal passaggio della bomba e il
San
Juan si
era messo a girare sulla sua dritta. Non vi furono altre
conseguenze e tutto rientrò ben presto nella
normalità.
L'attacco aereo era terminato e
l'Enterprise potè
finalmente far appontare i propri aerei, la maggior
parte dei quali erano anche a corto di carburante. Verso le
14.00 la
portaerei americana lasciò la zona del combattimento.
Nel frattempo, l'incrociatore
USS Northampton compiva
sforzi considerevoli per tentare di rimorchiare la
USS Hornet.
Molti tentativi andarono a vuoto, ma, alle 13.30 circa, un grosso cavo
da 50
millimetri di diamentro si tese progressivamente e la
velocità
di rimorchio fu gradualmente portata a 3 nodi. Gli uomini non
indispensabili
alla manovra furono trasbordati sui caccia torpediniere
Russell
e
Hugues, che ne accolsero 875!
Sarebbe andato tutto bene se, alle 15.15, non avesse avuto
luogo
un nuovo attacco aereo giapponese. Sì trattava di 12
aerosiluranti partiti dalla
Shokaku e dalla
Junyo
alle 13.15.
La
USS Hornet, a velocità ridotta e con
manovrabilità molto limitata, costituiva un bersaglio
perfetto, eppure fu colpita da un solo siluro che esplose a dritta, in
prossimità di un deposito di materiale aeronautico,
provocando
comunque
un ulteriore ingente imbarco d'acqua e, contribuendo, all'inevitabile
aumento dello sbandamento, passando così a 14° sulla
dritta.
Alle 15.40, altri 3 bombardieri Val attaccarono, ma nessuno dei loro
proietti colpì la
Hornet. Dieci
minuti dopo, 6 Kate effettuarono un perfetto bombardamento orizzontale,
centrando con almeno due bombe la portaerei a poppa sulla dritta.
I giapponesi sembravano proprio decisi a volerla fare finita con la
Hornet,
perché, alle 17.02, un nuovo gruppo aereo della
Junyo,
composto da 4 bombardieri e da 6 caccia, riuscì a
piazzare una bomba che esplose nella rimessa degli aerei.
La
nave era ormai finita e l'ordine di abbandono nave era già
stato dato. Si contarono comunque 111 morti e 108
feriti.
Ma incredibilmente, dopo tanti attacchi aerei giapponesi, probabilmente
furono i
siluri americani a contribuire all'affondamento della USS Hornet, i
cacciatorpedinieri di
scorta:
Mustin lanciò 8 siluri per
"finire" la
Hornet, ma soltanto tre la
colpirono senza causarle avarie fatali. Alle 19.20 il
cacciatorpediniere
Anderson gliene
inviò altri 8 e solo 6 giunsero a segno! La
USS
Hornet a questo punto era fortemente sbandata, ma
incredibilmente continuava a galleggiare ancora!
Aerei da ricognizione giapponesi segnalarono il fatto all'ammiraglio
Kondo e questi decise l'invio del gruppo dell'ammiraglio Abe.
Le navi nipponiche si misero in moto, mentre i cacciatorpediniere
americani
Anderson e
Russell si
accanivano contro la
Hornet colpendola
con più di 430 proiettili, senza riuscire ad
affondarla! Alle 20.40 la portaerei ardeva sempre più
furiosamente da
prora a poppa, ma non affondava....
La notte, era scesa già da tempo, cosa che
permise alle navi dell'ammiraglio Abe di scorgere da lontano il
bagliore della
Hornet in fiamme e, naturalmente,
ciò servì a loro da guida.
I cacciatorpediniere americani fuggirono con l'avvicinarsi
delle navi
giapponesi, lasciando solo l'enorme braciere. L'ammiraglio Abe
arrivò poco dopo e, constatato che non gli era possibile
prendere a rimorchio la portaerei americana, incaricò due
dei suoi
cacciatorpediniere,
l'Akigumo e il
Makigumo,
di dare il colpo di grazia alla
USS Hornet.
I quattro siluri nipponici sembrarono più
efficaci di tutti i
proietti e siluri americani, perché poco dopo, l'indomani 27
ottobre 1942 alle 01.35
del mattino, la USS Hornet affondò e scomparve in un enorme
risucchio.
La nuova e bella nave, che aveva lanciato nel
precedente aprile, l'incursione di
Doolittle su Tokio, affondò poco lontano dalle Isole di
Santa
Cruz.
Nel corso di quella stessa notte, due Catalina tentarono di attaccare
la flotta nipponica, ma riuscirono a colpire abbastanza gravemente
soltanto il cacciatorpediniere
Teruzuki.
La flotta giapponese incrociò circa 300 miglia a nord delle
isole Santa Cruz, fino al primo pomeriggio del 27 ottobre, poi si
raggruppò per poi navigare verso nord e raggiungere la
propria
base di Truk.
Nel frattempo, la flotta americana si dirigeva verso Noumea e, all'alba
del 27, una disgraziata manovra per evitare un sommergibile nemico
provocò la collisione tra la sfortunata corazzata
South
Dakota e il cacciatorpediniere
Mahan. La
corazzata rimase danneggiata, ma pote continuare la rotta.
Il gruppo dell'ammiraglio Lee fu anch'esso disturbato dai sommergibili
giapponesi e la corazzata
Washington evitò
di misura i siluri
dell'I-15.
L'ammiraglio Halsey non aveva aspettato questi eventi per convincersi
che non era il caso di attardarsi in questo settore infestato da
sommergibili nemici.
La flotta nipponica si ritirò quindi verso nord con due sole
portaerei fuori combattimento: la
Shokaku e la
Zuiho;
ciò
le assicurava un vantaggio tattico sugli americani, vantaggio comunque
soltanto apparente, dato che i danni maggiori riguardarono soprattutto
l'aviazione navale. Infatti, la flotta imperiale aveva perduto un gran
numero di aerei e
con essi la maggior parte dei suoi migliori piloti/equipaggi.
Le perdite si aggirarono intorno ai 120 uomini, tra i
più
valorosi che la marina nipponica fosse riucita a mettere insieme
appositamente per quell'operazione, radunando i veterani di Midway,
andandoli a cercare addirittura nelle scuole di addestramento.
Il Giappone ha dovuto aspettare quasi due anni, prima di poter
nuovamente disporre di gruppi aerei efficaci, i quali ciononostante,
sarebbero stati privi dell'esperienza e della capacità
tattica/operativa di quelli persi durante i combattimenti delle
battaglie: Mar dei Coralli, Midway e Santa Cruz.
Questa battaglia si concluse quindi senza che fossero stati ottenuti
risultati realmente decisivi. Certo, i giapponesi non avevano
annientato le forze navali americane, com'era nei loro propositi, ma la
portaerei
USS Hornet, la più recente
come costruzione, della marina
americana, era andata perduta. E tale perdita, in verità,
era
estremamente grave per gli Stati Uniti, che possedevano ormai una sola
nave di questo tipo, e per di più danneggiata,
la
USS Enterprise.
La
situazione era drammatica, poiché nel frattempo, nessuna
nuova portaerei stava
per uscire dai cantieri navali e l'Enterprise sarebbe rimasta ancora
per parecchi mesi la sola grande portaerei americana da combattimento
in tutto
il teatro operativo del Pacifico.